Il più grande insegnamento è il buon esempio.
Un concetto che sembra scontato ma che giorno dopo giorno vediamo essere dimenticato. Lo vediamo tra adulti, quando pretendiamo buone pratiche che siamo i primi a non fare, e con i bambini, quando cerchiamo di insegnare ciò che non siamo.
Anche la comunicazione passa dalla regola del buon esempio e la famiglia è il primissimo contesto in cui il bambino impara a comunicare perché anche questo è un processo che si apprende attraverso l’osservazione e l’imitazione.
“Non si può non comunicare”
“Non si può non comunicare” è il primo assioma della comunicazione definito da Paul Watzlawick che studia il legame tra psicologia e comunicazione, e che sottolinea proprio come sia impossibile non comunicare a prescindere dal linguaggio.
Saper comunicare è importante perché proprio attraverso la comunicazione siamo capaci di metterci in relazione con gli altri e trasmettere i nostri pensieri e le nostre emozioni.
Una buona comunicazione è quindi un’abilità indispensabile per instaurare delle buone relazioni prima di tutto in famiglia. Pensiamo a come siamo gratificati quando ci sentiamo ascoltati e capiti dai nostri cari e quanto stiamo male quando ci sentiamo incompresi, o peggio ignorati.
Non a caso quando abbiamo la percezione di sentirci ascoltati siamo meno irritati e meno a disagio, e dunque più propensi a risolvere i problemi. Questo perché l’ascolto si basa su 3 elementi fondamentali della relazione: la fiducia, la protezione e la collaborazione.
La buona comunicazione è a due vie
La comunicazione è un processo a due vie che prevede un mittente e un destinatario del messaggio, quindi una persona con la volontà, o l’esigenza, di comunicare e un’altra disposta a recepire e comprendere il messaggio inviato. L’efficacia della comunicazione dipende dalla chiarezza del messaggio. Infatti la cattiva comunicazione è caratterizzata da messaggi confusi e incompleti, o dall’incapacità nel riceverli.
Si tratta di un processo articolato pieno di alternative possibili, ricco di interpretazioni e di fraintendimenti e da qui si possono individuare diversi fattori che ostacolano la buona comunicazione:
- dare per scontato di conoscere il pensiero dell’altro;
- voler imporre la propria verità ed avere ragione a tutti i costi;
- confondere i piani del discorso;
- attribuire agli altri intenzioni che in verità non hanno.
La buona comunicazione è quindi una condizione complessa che dipende dalle abitudini e dalle abilità maturate nella fase della crescita e dall’ambiente in cui si impara a comunicare, a dare ascolto e a confrontarsi.
Ma c’è di più: si impara ad andare oltre il linguaggio verbale, si impara l’empatia e l’autocontrollo, ma soprattutto si impara a non sottovalutare i problemi relazionali e dunque a risolvere le questioni irrisolte.
La comunicazione si apprende con l’imitazione
Saper comunicare non è un’abilità naturale, ma è qualcosa che richiede pratica e impegno, ma soprattutto che richiede tempo. Anche la comunicazione di apprende con l’imitazione e un contesto favorevole al buon linguaggio e dei modelli esemplari sono certamente un vantaggio per il bambino.
I bambini infatti imparano da ciò che vedono, quindi da come gli adulti comunicano con loro e come comunicano con gli altri.
Il più grande errore che un genitore può fare con il figlio è considerarlo inesistente quando questo non è all’interno del dialogo.
L’ascolto attivo e prestare attenzione
L’apprendimento alla comunicazione inizia sin da piccoli con i primi suoni, con cui il bambino impara a catturare l’attenzione e a inviare messaggi. Impara soprattutto la comunicazione a due vie, e dunque il dialogo.
E’ di fondamentale importanza creare uno spazio per il dialogo dove il bambino impara ad esprimersi e a comprendere, mettendo in pratica quella che la prof. Ferraris chiama capacità di ascolto attivo.
L’ascolto attivo è il processo in cui un adulto ascolta e recepisce i segnali del bambino, facendo intendere che l’attenzione è tutta su di lui, e che sia il contenuto del messaggio che le emozioni sono assolutamente chiari all’adulto. In questo modo può aiutare il bambino a riformulare il proprio messaggio, o ancora meglio il proprio pensiero, e successivamente, se necessario, dare la propria opinione o il proprio consiglio.
Questo momento è importantissimo per il bambino perché attraverso le parole i bambini difficilmente cercano consigli, ma più frequentemente hanno bisogno di capire meglio i loro pensieri. Così si spiega il fatto che i bambini parlano con le bambole o i peluche, e che abbiamo un amico immaginario che ascolta i loro pensieri.
Il secondo elemento utile alla buona comunicazione è insegnare ai bambini a prestare ascolto. Questo processo prevede prima di tutto l’eliminazione di tutte le fonti di distrazione, cellulare e televisione ad esempio, richiedendo vicinanza e attenzione anche attraverso lo sguardo. Questo ci permette di instaurare un dialogo più profondo e che vede anche l’attenzione sul linguaggio non verbale e sulle emozioni.
Difficile ma non impossibile
Entrare in contatto con i bambini non è cosa facile, ancora di più comunicare per recuperare informazioni.
Ogni bambino ha la sua esperienza e la sua capacità comunicativa che dipende molto dal contesto familiare.
Risulta chiaro che i bambini a cui si presta più attenzione e cura anche nell’approccio verbale sono bambini capaci di comprendere e farsi comprendere più facilmente.
Non dimentichiamo che i bambini sono ciò che vedono e che vivono in prima persona e che il modo in cui noi adulti ci approcciamo a loro e agli altri, è il primo insegnamento che possiamo trasmettere.